I musei in tutto il mondo investono sempre di più in caffetterie e ristoranti di qualità
artwork @Simone BrillarelliDal Louvre passando dai musei italiani: trovare un buon ristorante o un buon caffè dopo aver visto sculture o quadri è sempre più facile.
Creare una connessione tra cibo, arte e cultura: è questa la sfida per i poli museali, sulla scia di esperimenti riusciti sia in Italia che all’estero. Esperienze che negli anni hanno portato perfino ad accendere i riflettori della guida Michelin sui ristoranti dei musei. Non solo, quindi, un’esigenza dettata dalla necessità di offrire un ristoro dopo una lunga visita al museo ma anche la volontà di creare un legame sinergico tra l’esperienza gastronomica e quella artistica.
Talvolta rendendo l’esperienza museale più invitante e accogliente per un pubblico più ampio, che normalmente non verrebbe attirato dalle collezioni. Ma anche l’inverso: dare una proposta ristorativa di prestigio serve perfino a confermare la natura esclusiva della proposta culturale.
Caffetterie e musei: i nostri consigli in Italia
A cavallo delle due esigenze, Luminist di Napoli, l’ultimo in ordine di apparizione nella categoria ristoranti di musei, si propone come un progetto uno e trino di food&beverage, che ruota attorno alle Gallerie d’Italia, la collezione permanente di Intesa San Paolo, che in piena via Toledo ha ridato vita alla ex sede del Banco di Napoli. Un polo ristorativo con tre diverse insegne, più o meno pop nella proposta, tutte sotto la guida dello chef Giuseppe Iannotti, due stelle Michelin con il suo Kresios di Telese Terme (Benevento).
Il primo ad essere inaugurato è stata la caffetteria-bistrot Luminist al piano terra, dove fermarsi per una colazione, una merenda o un pasto più o meno veloce, con piatti sia di respiro internazionale che mutuati dalla tradizione campana. Per strutturare la proposta dolce, Iannotti ha chiamato il maestro pasticciere Armando Palmieri, che si è occupato anche della caffetteria. Niente sfogliatelle e babà, qui si mangiano ottimi croissant e anche sul versante caffè l’idea è di non mettersi in competizione con i caffè storici napoletani, quanto di giocare un altro campionato, puntando sulla varietà della proposta: 1895 Coffee Designer by Lavazza, con diverse miscele ed estrazioni in carta.
Al quinto piano c’è invece il cocktail&tapas bar Anthill, per il quale Iannotti ha convocato un team di mixologist guidato da Anna Garuti. Appena inaugurato, Toledo177, all’ultimo piano del palazzo progettato da Marcello Piacentini, è l’insegna fine dining destinata a far parlare di sé.
Musei statali, comunali, universitari e religiosi: a Roma il numero delle esposizioni artistiche, fra mostre permanenti e temporanee, sfiora quota cento. Spicca fra questi l’esperimento di Doria, la caffetteria-bistrot della Galleria Doria Pamphilj, collocata nelle ex scuderie storiche dell’antico palazzo nobiliare, che nella bella stagione può godere anche dell’accoglienza dello splendido chiostro. Qui si viene per una pausa più o meno lunga, per ristorarsi dopo la visita delle gallerie, la cui collezione di opere d’arte è magnifica. Al bistrot la visita continua, con copie ad altissima risoluzione dei quadri più emozionanti ospitati nella galleria. Sono anche gin bar, quindi un Espresso Martini può essere il giusto compromesso fra un buon caffè e un cocktail ben fatto.
Saliamo ancora e, prima di arrivare a Milano, dove il connubio arte e ristorazione vede il suo apice, passiamo per Asti. Siamo nella zona del Barolo e rinunciare a un buon bicchiere di vino a vantaggio di un caffè da queste parti non è facile. All’interno di Palazzo Mazzetti, che ospita il Museo Civico cittadino, la Caffetteria Mazzetti, si propone come caffè letterario, offrendo eventi artistici e culturali alla città. Di contorno, un accurato servizio caffetteria e di ristorazione a base di piatti tipici piemontesi.
È a Milano che il concetto di ristorante di museo ha assunto un nuovo senso. Complice la natura di città simbolo del Made in Italy e del design, Milano ha saputo intercettare meglio di tutte le città le enormi opportunità che offre la sinergia fra arte, moda, design e cibo. Il Ristorante Torre della Fondazione Prada è un modello assolutamente da citare. Qui si va per la vista dal rooftop dell’edificio progettato da Rem Koolhaas nel 2018, per l’atmosfera anni Cinquanta degli interni che fondono opere d’arte ed elementi di design e per la cucina dello chef Lorenzo Lunghi. Così come, sempre nella stessa sede, è imprescindibile un passaggio per il Bar Luce, per ammirare il “set” progettato dal regista Wes Anderson, con l’intenzione di ricreare l’atmosfera di un caffè della Milano degli anni Cinquanta.
E ancora, affacciata sul parco Sempione che guarda attraverso le grandi vetrate, il Caffè Triennale ha visto un recente restyling firmato dall’architetto Luca Cipelletti. La sostenibilità è il tema su cui si è concentrato il progetto, tra efficienza energetica, piante che vogliono creare un’atmosfera da giungla urbana, lampade brevettate per favorire la crescita delle piante, nonché il caffè, anch’esso scelto con il criterio della difesa della terra. In perfetta continuità, il Caffè in Giardino della Triennale è uno spazio immerso nel verde e attorniato dalle opere d’arte surrealiste del ciclo Bagni Misteriosi di Giorgio De Chirico: il posto ideale per un aperitivo al tramonto o un pic-nic urbano immersi nell’arte.
È Venezia, ma non è Venezia, ovvero è l’isola di San Giorgio, che guarda San Marco e che ospita la Fondazione Cini. Dal Monastero benedettino di San Giorgio al Cenacolo palladiano, dalla Biblioteca della nuova Manica Lunga alle stanze che ospitarono l’attrice Eleonora Duse: per ammirare l’intero complesso il tour prevede non meno di quattro ore, alla fine delle quali una sosta ristoratrice è a dir poco necessaria. Il San Giorgio Cafè assolve egregiamente questo compito con una proposta che valorizza i prodotti e le ricette tipiche della laguna.
Caffetterie e ristoranti nei musei più belli del mondo
Andando a guardare fuori dai confini italici, scopriamo che nel Regno Unito cultura fa rima con caffè e si punta più che altro a offrire esperienze inclusive, in cui si acceda al museo anche solo per una breve sosta oppure con l’intento di fermarsi a lungo in modalità coworking. Proposte quindi più vocate alla colazione, al lunch e al brunch, tuttalpiù al rito del tè, quindi, sia alla Photographers’ Gallery di Londra che alla Modern Art di Oxford.
In Francia, invece, i maggiori indirizzi culturali si sono affidati a un nome noto come quello di Alain Ducasse, lo chef vivente con più stelle Michelin al mondo. Lui ha messo la firma sul progetto Musiam, che dal 2017 si propone di portare una cucina di qualità nei principali musei, compresi il Museo d’Orsay di Parigi, il Louvre (al Richelieu però si può entrare solo con il biglietto del polo museale) e la Reggia di Versailles, dove c’è il ristorante Ore Ducasse.
Ma i musei sono anche luogo di contaminazioni culturali, così capita di trovare la cucina franco-marocchina di Bouchra Maani al Mumok di Vienna, così come una cucina francese contemporanea a tre stelle Michelin nella National Gallery di Singapore (chef Chef Julien Royer). E anche in Australia, alla NGV (National Gallery Victoria) di Melbourne, Annie Smithers, una delle più conosciute chef del paese, ha creato una proposta che combina gli ingredienti tipici del paese con la cucina francese.