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Che mangino brioche – e che facciano la fila: quanto sei disposto ad aspettare per fare colazione?

artwork @Simone Brillarelli
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Da Bake it nice, pop up dell’Eleven Madison Park di New York, al pastry chef di Emily in Paris. Fino a Torino e Milano: tutti pazzi per la colazione fuori casa, da fare a tutti i costi, tanto da accettare ore di fila

Se ai tempi di Maria Antonietta era Che mangino brioche, oggi si potrebbe dire così: Che facciano la fila. La fila è per fare colazione fuori casa: al bar, in caffetteria oppure in quella pasticceria dalla proposta sempre più elaborata, instagrammabile e oggetto del desiderio. Un’esperienza da vivere a tutti i costi, anche facendo ore di fila. Succede a New York, dove una lunghissima coda di persone si snoda per diversi isolati davanti a uno dei ristoranti più rinomati della città: l’Eleven Madison Park, tre stelle Michelin, più volte sul podio dei World’s 50 Best Restaurants (la classifica annuale dei cinquanta migliori ristoranti al mondo) e regno dello chef, premiato in ogni dove, Daniel Humm. E visto che la gente, mentre scriviamo, è probabile che sia ancora lì ferma in coda, c’è ancora qualche riga di spazio per precisare che si tratta di quello che è considerato, praticamente da sempre, il miglior ristorante di New York, il cui signature dish era, tra gli altri, l’anatra con miele alla lavanda e torchon di foie gras servito con sciroppo d’acero. Era perché, post lockdown, per volontà dello chef, il ristorante diventa completamente plant-based con un menu interamente vegano.

A volte ritornano: il fenomeno Bake it nice

Sì, ma perché c’è gente in coda per fare colazione? Così come lo scorso maggio, e poi di nuovo luglio, dal 20 aprile 2024 e per soli 4 giorni (20 aprile – 27 aprile – 4 maggio – 11 maggio) riapre la “all vegan pop-up bakery” del ristorante appena fuori dall’iconico locale fine dining. Il pop up in questione si chiama Bake it nice e propone una colazione prêt-à-porter secondo la filosofia dell’Eleven Madison Park: deliziose creazioni che vogliono tutti, a base vegetale e ispirate ai dessert in menu, per offrire un assaggio democratico e a un prezzo accessibile dell’alta cucina (il costo è di 6-7 dollari a croissant). Che si traduce così: se non posso andarci a cena, allora mi rifaccio a colazione. Non c’è coda che tenga.

 

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Tra le scelte, in passato, croissant al cioccolato e sesamo, croissant alla fragola e rabarbaro (con frangipane alle mandorle, fragola e marmellata di rabarbaro e crumble di fragole) e così via. Oggi, invece, alla nocciola candita e vaniglia, con praline di cioccolato e pretzel, alla fragola e rabarbaro e fiori d’arancio. Tutto, rigorosamente, a numero limitato – ossia fino a esaurimento croissant. Un senso di rarità che alimenta il desiderio di provare quei prodotti, con tanto di hype a livelli altissimi: che mangino brioche, si diceva, purché, dopo tutta quella fila, ce ne siano ancora.

A Parigi, come in Emily in Paris (solo che lei, la coda, non l’ha fatta)

Da New York a Parigi il passo è breve, ma la coda è sempre lunghissima. Impossibile non aver mai sentito parlare di Cédric Grolet, pasticcere star di Instagram che fa i dolci più desiderati di Parigi. In vetrina fiori delicati dai fitti petali, che in realtà sono pasticcini. Saint Honoré, la Galette de Rois, il Paris Brest, la millefoglie. Oppure, ancora, l’iconica brioche au sucre con burro salato e l’immancabile pain au chocolat di Grolet, proprio come nelle scene di Emily in Paris. Poco importa che sia il punto vendita in rue Castiglione, in direzione place Vendôme, oppure a una decina di minuti a piedi dall’Opéra, dove si trovano il secondo e il terzo negozio (un quarto si trova a Londra, all’interno di un 5 stelle lusso tra Hyde Park e Knightsbridge e poi ancora Singapore e Courchevel). Bisogna mettersi in fila. C’è sempre, dalle 8.30 alle 11.30 per la viennoiserie, ma anche dalle 12 alle 14 (orario di uscita di sandwich e di baguette), e poi nel pomeriggio. Un lungo, dolce, griffato (e non troppo economico) sacrificio, in cui l’unica speranza è quella di riuscire ad assaggiare uno di questi croissant prima che finiscano.

 

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Un fenomeno anche italiano

La coda per la tanto desiderata colazione fuori casa con quella brioche in quel posto preciso è un fenomeno anche italiano. Ci spostiamo a Torino dove l’attesa per la fila, è il caso di dirlo, si fa al cubo. Il Cubo è infatti la desideratissima signature brioche dello chef Matteo Baronetto di Farmacia del Cambio (ne abbiamo parlato qui), che anticipa la Sfera, appena nata e già in cima alle tendenze della colazione instagrammabile. Belle da vedere, cool da postare, buonissime, desideratissime, tanto che, tutte le mattine, in piazza Carignano all’ingresso dello storico locale si forma una lunga coda, a volte di ore, altre di pochi minuti, come dichiarano i proprietari. Torinesi e turisti, italiani e stranieri, tutti lì per fare colazione a tutti i costi con caffè, o cappuccio, e i dolci più famosi del web.

Non è da meno la pasticceria milanese, piccolissima e ricercatissima, di Alain Locatelli, uno dei pastry chef più in voga in questo periodo. Alain Locatelli Colazioni e Gelato di Milano si trova dal 2021 in viale Coni Zugna, a due passi dai Navigli e – attenzione bene – è aperta solo due giorni a settimana: sabato e domenica (una mossa che aumenta il desiderio e quella coda – ordinata, incredibile! – che si presenta puntale ogni weekend). Il giovane boulanger franco-svizzero produce croissant e pain au chocolat dalla sfogliatura perfetta, girelle con uvetta, pan suisse, il nodo al burro con caramello salato. A cui aggiungere un’abbondante infornata di pazienza: il luogo è piccolo, l’apertura è ridotta, i prodotti famosissimi e la coda, beh, Che t’o dico a fa’.

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