“Un caffè che fa viaggiare nel tempo ha lo stesso sapore della vita”: intervista a Toshikazu Kawaguchi
artwork @Simone BrillarelliAbbiamo chiesto all’autore del best seller “Finché il caffè è caldo” come immagina la sua magica pozione e di raccontarci come beve il caffè nel quotidiano
Finché il caffè è caldo è il titolo di un fenomeno letterario che viene dal Giappone. Una saga che oggi conta quattro libri, nei quali l’autore, Toshikazu Kawaguchi, nato a Osaka dove lavora come sceneggiatore e regista, ci porta in un magico mondo in cui si può viaggiare nel tempo sorseggiando un caffè in una tipica caffetteria giapponese. Nessuna possibilità di cambiare il passato o il futuro, ma per i personaggi il dono di incontrare per pochi minuti qualcuno di importante e a cui hanno bisogno di comunicare qualcosa. Un esercizio di immaginazione, quello dell’autore, che tocca i sentimenti nell’oscurità di una tazza di caffè, dando vita a romanzi di rara delicatezza e profondità. Per questo, abbiamo chiesto allo scrittore di descriverci il suo rapporto quotidiano con il caffè, la sua passione per le caffetterie e quanto il caffè sia intimamente legato al suo modo di scrivere. Ecco cosa ci ha risposto.
Cominciamo dal perché sia proprio il caffè la bevanda protagonista dei suoi romanzi. Ce lo racconta?
Credo di aver usato il caffè per il titolo perché lo bevo spesso in caffetteria. Inoltre, scrivo spesso nelle caffetterie. Inizio prima decidendo il titolo, poi penso alla storia. Ho stabilito che quest’opera si sarebbe intitolata Finché il caffè è caldo, e in seguito ho pensato di raccontare una storia in cui è possibile fare un salto nel passato nel breve lasso di tempo che intercorre prima che un caffè si freddi.
Come lo immagina questo caffè che fa viaggiare nel tempo? Come viene estratto, quali note di gusto potrebbe avere?
È una cosa a cui non ho mai pensato. Però probabilmente un caffè che fa viaggiare nel tempo ha lo stesso sapore della vita, un gusto umami (piacere, gioia), un po’ amaro (difficoltà) e acido (tristezza).
Lei è un bevitore di caffè? Che tipo di caffè è solito bere? Ci dice come lo prepara?
Quando scrivo vado spesso in caffetteria e bevo caffè. Quando la scrittura non procede bene, cambio anche due o tre locali. Di norma lo bevo senza zucchero, ma a volte lo addolcisco per cambiare stato d’animo. Quando voglio schiarirmi le idee capita che scelga un caffè intenso e corposo. Se la scrittura procede bene lo prendo leggero. Diversi anni fa ho acquistato chicchi verdi e mi sono cimentato nella tostatura. Non sono riuscito quasi mai a tostarli bene e non ho ottenuto un gusto che mi soddisfacesse (ride).
La caffetteria si chiama Funiculì Funiculà, lei conosce il testo della canzone e ha raccontato che il suo sogno era salire sul Vesuvio: l’ha realizzato?
Sì, ho conosciuto questa canzone alle elementari. Fu trasmessa in televisione quindi conosco anche il testo (la traduzione giapponese), ma in Giappone la sua melodia è stata usata anche per la filastrocca per bambini Oni no pants (Le mutande dei demoni). Tutti i giapponesi l’hanno sentita almeno una volta nella vita e ho chiamato la caffetteria Funiculì Funiculà perché desideravo che le persone provassero una sorta di nostalgia sentendo il titolo di questa canzone. Ancora non sono salito sul Vesuvio, ma voglio realizzare assolutamente questo sogno e scattare una foto con in mano il mio romanzo sul vulcano.
C’è stata una caffetteria specifica che è stata la fonte d’ispirazione? Ci consiglia una caffetteria da non perdere in Giappone, in cui andare?
A me piacciono le caffetterie giapponesi specializzate in caffè chiamate junkissa*. Sono locali che hanno molti anni e un’atmosfera retrò. Preferisco gli interni un po’ bui, più che luminosi. Mi piacciono i locali piccoli come quelli gestiti solo da marito e moglie. Mi rilassa molto stare lì, immerso nello scorrere lento del tempo. Non c’è una caffetteria che ho preso concretamente come modello, ma locali simili si trovano ovunque. Forse ora non c’è più, ma la caffetteria Rokuyōsha, vicino all’incrocio Kozajūjiro nella città di Okinawa, ecco, ha un’atmosfera per cui sembra possibile tornare indietro nel tempo.
*termine nato negli anni Trenta per distinguere le caffetterie specializzate in caffè da quelle che servivano anche alcolici, usato da molti locali nati negli anni Cinquanta, n.d.t.
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Il caffè, in particolare espresso, è parte della cultura italiana. Come viene vissuto in Giappone il rituale del caffè?
Anche io bevo spesso un caffè espresso per schiarirmi la mente. Non posso fare a meno del suo intenso gusto intenso. A mio avviso in Giappone non c’è un’usanza fissa. Mi sembra che per gli italiani e gli europei il caffè sia una parte imprescindibile della vita quotidiana. Secondo le informazioni reperite in rete, un giapponese medio consuma circa una tazza di caffè al giorno. In Giappone si beve tè giapponese a conclusione del pasto. Probabilmente si tratta di un’usanza simile a quella del caffè a fine pasto in Italia. Solo che molti giovani d’oggi bevono caffè invece che tè giapponese.
Lei inizia come sceneggiatore teatrale e questo si percepisce nella sua caffetteria magica, che è come una scena teatrale in cui si muovono i personaggi. È così?
Sì, l’ho scritto volendo proprio che si percepisse così. Vorrei che i lettori si sentissero come se stessero vivendo dentro il romanzo, nella caffetteria Funiculì Funiculà.
Il suo libro è una seduta psicanalitica sui rimpianti del passato, ma ha anche aperto spiragli sul futuro. Se potesse incontrare il sé stesso del futuro che cosa gli chiederebbe?
Vorrei chiedergli: “Scrivi ancora?”. Sono entrato nel mondo della narrativa dal teatro. Mi occupo di teatro dal liceo e quindi ormai sono più di trent’anni, perciò probabilmente continuerò anche in futuro. Scrivo romanzi da nemmeno dieci anni e ancora mi tormento non riuscendo a scrivere come vorrei. Ho problemi così seri che più di una volta ho pensato di smettere. Ho avuto persino una crisi durante la quale non sono riuscito a scrivere una riga per tre anni. Quindi, se fa ancora il romanziere, al me stesso del futuro vorrei chiedere se scrive ancora e se ha imparato a scrivere esprimendosi come desidera.
A parte i suoi, ci consiglia un libro perfetto da leggere sorseggiando il caffè in tutta calma, magari filtrato in Chemex?
Il Chemex è un metodo di estrazione meraviglioso. è una domanda molto interessante. Questa è una mia opinione personale, ma normalmente il caffè è una bevanda che si gusta quando si è rilassati, però io lo bevo spesso mentre scrivo. Probabilmente lo faccio per aumentare la concentrazione. Il profumo, il suo sapore escludono le informazioni del mondo esterno. è perfetto anche per leggere un libro. Tuttavia, in realtà vorrei bere un caffè in un momento in cui non penso a nulla, e se si tratta di un caffè filtrato in chemex vorrei gustarlo con calma, senza preoccuparmi del tempo, in una caffetteria un po’ buia come quella del mio romanzo. E se in una situazione simile dovessi leggere un libro, nel mio caso sarebbe un’opera che ho riletto molte volte (ho il vizio di rileggere tante volte i libri che mi piacciono). Io leggo i libri che mi piacciono. Le persone hanno gusti diversi riguardo ai libri preferiti, quindi, se fosse possibile, vorrei che leggessero un’opera che amano. Io leggerei Hattori Hanzō di Shinjūrō Tobe, scrittore di romanzi storici. L’ho già letto più di dieci volte e vorrei rileggerlo ancora con calma.